I colloqui di selezione, Maurizio Metzler: "Focus sull'autonomia delle persone"

Intervista all'ex direttore del personale di Tetra Pak, Fiera di Bologna e Bonfiglioli che dal 2018 porta la sua lunga esperienza all'interno di Insieme per il lavoro

FOTO INSIEME PER IL LAVORO
 

Il mondo del lavoro sta attraversando una stagione di rapide trasformazioni. Il fabbisogno occupazionale da parte delle imprese è in crescita, in particolare in alcuni settori dove è forte il ricambio generazionale. Ai nuovi occupati è richiesto il possesso di competenze elevate per ricoprire mansioni specialistiche e tecniche ma anche un bagaglio di “soft skills” che servono a distinguersi. Le persone, da parte loro, ricercano impieghi con prospettive a lungo termine.

Il colloquio di selezione rappresenta, nel percorso per il lavoro, un momento cruciale per dimostrare cosa si sa fare ma soprattutto chi si è. Ne abbiamo parlato con Maurizio Metzler, che mette a disposizione di Insieme per il lavoro la sua lunga e preziosa esperienza nell’ambito delle risorse umane sin dall’inizio del progetto. Ex direttore del personale in Tetra Pak, Fiera di Bologna e Bonfiglioli, fra le molte aziende in cui ha lavorato, Maurizio Metzler oggi sta supportando gli operatori di Insieme per il lavoro nei colloqui delle persone iscritte, in un momento in cui i nuovi beneficiari sono aumentati in maniera esponenziale.

 

Maurizio, cosa distingue un colloquio che va bene da uno che va male?

Il colloquio è sempre un tramite per capire chi si ha di fronte. Come accade in azienda, anche all’interno di Insieme per il lavoro un colloquio che non va bene è un colloquio in cui non si è riusciti a capire la persona. La differenza però è sostanziale: in azienda si fanno colloqui di selezione, per vedere chi sono i candidati giusti per una certa posizione; in Insieme per il lavoro, invece, è diverso, soprattutto nel primo colloquio. Qui è importante conoscere la persona, entrare in sintonia con lei e stabilire un clima di fiducia. Il mondo di Insieme per il lavoro è quello di chi vuole accompagnare le persone verso il lavoro: chi si occupa dei colloqui ha in mano, seppure per un breve periodo, il loro destino. Bisogna trattarlo con cura.

Cosa consiglieresti a un giovane che si avvicina per la prima volta al mondo dei colloqui per l’accompagnamento al lavoro?

Serve grande lucidità, attenzione, passione: aiutare le persone non vuol dire “essere buoni”, ma far sì che loro riprendano in mano le loro vite. Quando insegniamo a scrivere un cv, quando facciamo i corsi di italiano, pensiamo anzitutto a formare dei cittadini che siano padroni della propria vita e, solo in un secondo momento, anche dei lavoratori preparati. Questo aspetto è importante anche nella formazione degli operatori che faranno i colloqui: non bisogna mai perdere di vista fatto che al centro c’è l’autonomia delle persone. Abbiamo bisogno di disegnare un futuro in cui ci diciamo che proviamo a non lasciare indietro nessuno.

La formazione finanziata è centrale all’interno delle attività di Insieme per il lavoro. Come si misura l’efficacia degli interventi formativi?

Il criterio è soltanto uno: al termine di un intervento formativo efficace la persona deve poter lavorare.

Come si fa a rilevare i bisogni formativi di chi si ha davanti?

Bisogna fissare un’asticella comune. La conoscenza molto buona della lingua italiana, per esempio, è un obiettivo da raggiungere per chi non ce l’ha: la padronanza dell’italiano non serve soltanto per trovare lavoro ma anche per essere consapevoli dei propri diritti, e dei doveri.

Quali sono le caratteristiche che non devono mai mancare in un buon candidato?

Oltre alla padronanza della lingua, serve una conoscenza di base dell’informatica e delle tecnologie. Saper navigare in Internet, riuscire ad attivare uno Spid, utilizzare servizi da remoto: sono le caratteristiche di base, quelle che dovremmo poter fornire a chi non ce l’ha.

Come stanno cambiando le esigenze delle persone che si iscrivono a Insieme per il lavoro?

Attraverso i colloqui, ho toccato con mano cosa vuol dire la precarietà: il problema di 4 persone su 10 non è quello di trovare un lavoro, ma di trovare il lavoro che dia loro una prospettiva. Non si può vivere di contratti a tre mesi: è bastata la pandemia perché molti si ritrovassero senza nulla. Sta cambiando perciò tutto il paradigma del lavoro: ci si è accorti che alcuni impieghi non erano così stabili come si pensava e che, sebbene ci fossero i guadagni per l’oggi, mancavano del tutto le prospettive per costruirsi il domani.

 

Foto di copertina (di Martino Lombezzi): Maurizio Metzler, al centro, con lo staff di Insieme per il lavoro nel 2022

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